Prima di tutto, buon anno nuovo.
Quando ho deciso, in barba a ogni strategia di marketing, di scrivere la newsletter una volta al mese e di inviarla in quelle che chiamo date gemelle, non ho potuto non notare che ci sarebbe stato un invio il primo gennaio - dettaglio che ha più che confermato la mia scelta: l’idea di inaugurare insieme l’anno, di scegliere le parole per l’incipit di un nuovo capitolo, mi deliziava.
Vivere e sopravvivere
Non la farò lunga: sappiamo che il tempo non ha confini definiti e non c’è nessuna differenza oggettiva tra un trentun dicembre e un primo gennaio. Ma sappiamo anche — chi bazzica la terra delle storie lo sa — che sta a noi dare un significato, un senso: al tempo che passa, ai nuovi inizi, agli addii… I rituali servono a questo, ad attraversare confini. Le storie servono anche a questo: a serbare memoria, a guardare avanti.
Per gli scettici, una citazione da La strada di Cormac McCarthy, traduzione di Martina Testa, Einaudi.
Il bambino stava lì seduto e ciondolava. L’uomo lo teneva d’occhio per evitare che ruzzolasse tra le fiamme. Scavò coi piedi delle piccole buche nella sabbia per le spalle e i fianchi del bambino, dove si sarebbe coricato, e gli si sedette accanto abbracciandolo e scompigliandogli i capelli davanti al fuoco perché asciugassero. Tutto questo come un rituale antico. Così sia. Evoca le forme. Quando non ti resta nient’altro imbastisci cerimoniali sul nulla e soffiaci sopra.
All’uomo e al bambino non resta davvero nient’altro, nei brandelli di mondo rimasto dopo un’apocalisse nucleare. Eppure, le storie e certi piccoli rituali hanno un’importanza vitale per i personaggi.
Cercano cibo, riparo, si difendono dai predatori, camminano senza sosta - questo è per la sopravvivenza. Si raccontano i sogni che popolano le loro notti, si abbracciano stretti stretti, si ripetono continuamente chi sono e lo fanno con una metafora potente che ricorre lungo tutto il libro - questo è per la vita.
Dare un senso
Sta dunque a noi dare un senso, attraverso le storie, e accompagnare il cambiamento con i riti. È una scelta, non certo un obbligo: tantissime persone vivono senza sentirne la necessità.
Per quanto mi riguarda, non sono una fanatica delle ricorrenze. Ci sono anni in cui il mio tempo interiore si accorda al calendario: a Natale sento lo spirito del Natale, il giorno del compleanno festeggio la ricorrenza… altri, invece, in cui segue altre rotte e che sia il primo gennaio o un giorno qualunque, non fa differenza.
Quello che permane, nel mio caso, è il desiderio di riconoscere l’unicità di certi momenti. Non c’è bisogno di salvare il mondo per celebrare la vita né di aspettare l’istante perfetto per darle forma con un rito.

Nuovo inizio, nuovo rito
Per chi vorrà iniziare il nuovo anno con un rito, per chi non sa nemmeno che giorno sia ma tra qualche settimana, in un momento ininfluente per il resto del mondo, riconoscerà un personalissimo nuovo inizio, per chi non ha mai provato e per chi è maestro di cerimonie, un rituale di Joy Harjo, poeta laureata degli Stati Uniti (nel 2019). Si intitola Per richiamare lo spirito che vaga sulla Terra con piedi umani.
Metti giù quel sacchetto di patatine, quel pane da toast, quella bibita.
Spegni quel cellulare, computer e telecomando.
Apri la porta poi richiudila dietro di te.
Prendi un respiro offerto da venti amichevoli. Viaggiano la terra raccogliendo essenze dalle piante per fare pulizia.
Restituiscilo con gratitudine.
Se canti, questo darà al tuo spirito lo slancio per volare sino alle orecchie delle stelle e tornare.
Saluta questa terra che si è curata di te da quando eri un sogno che si piantava precisamente dentro al desiderio dei tuoi genitori.
Lascia che i piedi ti portino all’accampamento dei guardiani che ti conoscono prima del tempo, che saranno lì dopo il tempo. Siedono davanti al fuoco che è lì senza tempo.
Lascia che la terra tranquillizzi i tuoi insicuri nervosismi postcoloniali.
Sii rispettosa dei piccoli insetti, uccelli, persone animali che ti accompagnano.
Chiedi loro perdono per il male che noi umani abbiamo arrecato.
Non ti preoccupare.
Il cuore sa dove andare nonostante i condomini, le autostrade, i posti di blocco, soldati armati, massacri, guerre, e quelli che ti disprezzeranno perché disprezzano se stessi.
Il viaggio durerà alcune ore, un giorno, un anno, alcuni anni, cento, mille o anche di più.
Fai attenzione alla mente. Senza allenamento potrebbe scappare e lasciare il tuo cuore nell’enorme banchetto umano organizzato dai ladri del tempo.
Non tenere rimpianti.
Quando trovi come arrivare al cerchio, al fuoco tenuto acceso dai custodi della tua anima, sarai la benvenuta.
Devi ripulirti con cedro, salvia o un’altra pianta curativa.
Taglia i legami che hai coi fallimenti e la vergogna.
Lascia andare il dolore che tieni nella mente, nelle spalle, nel cuore, in tutto il corpo sino ai piedi. Lascia andare il dolore dei tuoi antenati per accogliere quelli che stanno venendo nella tua direzione.
Chiedi perdono.
Chiedi l’aiuto di quelli che ti vogliono bene. Questi aiutanti prendono molte forme: animale, elemento, uccello, angelo, santo, pietra o antenato.
Richiama il tuo spirito. Potrebbe essere impigliato in angoli e pieghe di vergogna, giudizio e abuso umano.
Devi chiamare in modo che il tuo spirito abbia voglia di tornare.
Parlagli come faresti con un bambino amatissimo.
Accogli il tuo spirito che torna dal suo vagare. Potrebbe tornare a pezzi, a cocci. Rimettili assieme. Saranno felici di venire ritrovati dopo essere andati perduti per così tanto tempo.
Il tuo spirito avrà bisogno di dormire per un po’ dopo che viene lavato e vestito con abiti puliti.
Adesso puoi fare una festa. Invita tutti quelli che conosci che ti amano e ti sostengono. Fai posto a chi non ha un luogo dove andare.
Rendi omaggio, e ricorda, tieni corti i tuoi discorsi.
Poi, devi fare questo: aiuta la prossima persona a trovare la sua strada nel buio.
La poesia è tradotta da Stefania Zampiga e l’ho trovata qui.
L’avevo promesso, all’inizio, che non l’avrei fatta troppo lunga: ci sono ore di sonno da recuperare, festeggiamenti da continuare, impegni da mantenere, buoni propositi da scrivere, realizzare, tradire. Per quanto mi riguarda, quest’anno niente compiti a casa: sono stata tanto brava a realizzare, mese dopo mese, i buoni propositi dell’anno scorso che so di non poter fare di meglio — anche riconoscere i propri limiti è un’arte. Continuerò a leggere, vedere, ascoltare storie e a condividerle qui. Anche questo, a suo modo, è un rituale.
Questa newsletter esce una volta al mese, in quelle che chiamo le date gemelle.
La prossima arriverà il 2 febbraio. Nel frattempo, se ti va, fammi sapere che ne pensi.
Buon inizio d’anno,
Silvia buon anno! Ho bevuto la poesia come un bicchiere di limonata fresca in una giornata torrida d’estate. Sentivo che parlava a me, una che è sempre in cerca di rituali. Grazie di cuore, è stato un bellissimo regalo di inizio anno!
Grazie Silvia e Buon Anno!